I social e il senso del ridicolo: ecco perché la comunicazione è ancora fondamentale

Siamo ancora ombre in cerca di luce, come raccontava Macbeth. Oggi il palco è digitale, e il potere è apparire. Ma dietro lo schermo resta il bisogno di verità e di chi sappia raccontarla davvero.
“La vita è solo un’ombra che cammina. Un povero attore che si pavoneggia sulla scena per un’ora, e poi di lui non se ne saprà più nulla”.
Quando il Macbeth di William Shakespeare è un uomo oppresso dal desiderio sfrenato di potere, che lo ha portato a uccidere pur di ottenere, e poi mantenere, il trono di re di Scozia, si esprime così.
Versi che oggi, nemmeno a dirlo, risultano più attuali che mai. Certo, fortunatamente, almeno dalla nostra parte del mondo, non abbiamo più a che fare con regicidi e stregonerie, ma le corone che inseguiamo restano, seppur in altre forme.
L’apparire è una di queste. Abbiamo bisogno di un palco dove mettere in mostra la nostra vita, le nostre idee, la nostra forza e la nostra debolezza. E non si tratta di una novità recente, probabilmente è sempre stata una nostra caratteristica che, però, fino a qualche tempo fa non aveva i mezzi necessari per trovare il giusto sfogo.
Poi sono arrivati i social. Bingo. Tutto quello che, forse, abbiamo sempre desiderato ora è lì, a portata di uno scroll.
E allora, eccoci. Belli e inguardabili, credibili e ridicoli, geniali e idioti. La sensazione, però, è che i secondi termini di queste coordinazioni stiano prendendo il sopravvento. Tutto (quasi tutto) sembra grottesco. E lo sono anche quando mostrano il lato migliore di noi. La Flotilla ne è l’esempio perfetto. Lasciando da parte le tesi su ciò che sulla situazione in Palestina può far emergere (non ci sembra questa la sede giusta per discuterne), qualche settimana fa abbiamo assistito a un qualcosa di oggettivamente significativo. Uomini e donne che, nel 2025, hanno sentito il bisogno di uscire di casa e mettere a repentaglio la propria incolumità per manifestare contro un’ingiustizia.
E qui sta l’enorme cortocircuito di questo tempo. Un qualcosa degno di stima e apprezzamento, mostrandosi, rischia di perdere la credibilità che meriterebbe. Il viaggio è stato di fatto trasmesso in diretta sui social, e molti dei contenuti che arrivavano dalle barche non riuscivano a restituire il giusto valore a ciò che stava accadendo. E questa non vuole essere una critica agli attivisti, tutt’altro. È probabile che se la Spedizione dei Mille, tanto per citarne una, fosse avvenuta nell’epoca di Tik Tok il risultato sarebbe stato esattamente lo stesso.
Noi umani, in fondo, siamo così. Agglomerati di emozioni, idee, istinti diversi, spesso inevitabilmente contraddittori. Nessuna immagine è, e sarà mai, in grado di rappresentare totalmente la nostra complessità.
Ma, e questo è fuor di dubbio, c’è chi può avvicinarsi di più a questo obiettivo. Da una parte gli artisti, dall’altro i professionisti della comunicazione. In un mondo in cui tutto vogliono e credono di poter essere tutto, basta scorrere i social per accorgersi che, in ogni campo, dalla politica al mondo aziendale, c’è ancora un disperato bisogno di professionisti della comunicazione. Perché il nostro valore e quello di ciò che facciamo non merita di essere disperso.



