La cultura aziendale è una faccenda tribale

Credenze, valori, comportamenti, idee. Dall’alba dei tempi sono questi gli elementi necessari a sedimentare la coesione tra gruppi di persone. Istanze che vengono tramandate di generazione in generazione tramite le storie. Accade nelle tribù, accade anche nelle aziende.
Tutte le organizzazioni umane sono fondamentalmente tribù. Le aziende in particolare hanno profonde caratteristiche tribali. E dall’alba dei tempi ciò che tiene insieme una tribù è la condivisione di storie. Il che significa riconoscere che in definitiva anche la “cultura aziendale” si basa su una narrazione, che permette di individuare valori comuni e costruire un senso di appartenenza e di comunità.

Si parla molto in questi tempi di cultura d’impresa e se ne parla in un modo nuovo, sfidando spesso il concetto che un’azienda abbia come proprio obiettivo principale solo quello di fare profitti. L’emergere di ampi dibattiti globali sulla Corporate Social Responsibility (CSR), sui fattori ESG o DEI e in definitiva sul purpose dell’impresa, hanno contribuito a rilanciare nelle aziende e nelle università le riflessioni su quali siano le caratteristiche della cultura aziendale. Le nuove generazioni in particolare non cercano un «impiego» e dei benefit, ma vogliono sapere che cosa un’azienda ha a cuore e per cosa si impegna, come promette di rendere migliore il mondo (o quantomeno di non peggiorarlo).
Il metodo più efficace per rispondere a queste esigenze è quello che ogni tribù conosce da sempre: raccontare la storia e le storie del percorso che si è fatto e si sta facendo insieme.
Lo confermano anche le ricerche più avanzate in questo campo. A Los Angeles, per esempio, alla Anderson School of Management della UCLA, Janis Forman documenta da anni il potere dello storytelling nella costruzione di solide strategie di business e quando affronta il tema della cultura aziendale cita spesso le tradizioni narrative del passato, incluse quelle tribali. “Nei regni antichi – scrive Forman in Storytelling for Business: The Authentic and Fluent Organization (Stanford University Press) – per esprimere e celebrare i valori fondamentali del regno si ricorreva a un po’ di tutto: dalle fiabe, che sono storie brevi con una morale, alle grandi narrazioni epiche, dove l’azione vedeva coinvolto un vasto panorama di luoghi, eroi e grandi eventi”.



In azienda si può partire dalla stessa ispirazione, perché le imprese sono fatte di storie e la loro somma, quando sono ben raccontate e promosse in una narrazione coerente, permette di definire al meglio la cultura di un luogo di lavoro. Lo hanno documentato nel dettaglio Eric G. Flamholtz e Yvonne Randle in Corporate Culture: The Ultimate Strategic Asset (Stanford Business Books), teorizzando come la cultura corporate non sia altro che un insieme di valori, credenze e norme condivise.
Niente di così lontano, quindi, dalle abitudini di una tribù, nella quale i membri si muovono sulla base di “taciti presupposti condivisi di un gruppo che ha imparato affrontando compiti esterni e occupandosi delle relazioni interne”: così scriveva il grande esperto di management e psicologo Edgar H. Schein, della Sloan School of Management del MIT, scomparso lo scorso anno. Analizzando per decenni le culture aziendali, come un antropologo avrebbe potuto fare con le tribù di remote aree del pianeta, Schein ha ricostruito come in ogni impresa si sviluppino tre livelli culturali, sintetizzati in questo celebre schema piramidale nel suo libro Organizational Culture and Leadership:

Ciò che è visibile all’esterno è in buona parte raccolto nel vertice della piramide, tra gli artifacts che la tribù aziendale ha prodotto. Le ragioni e i valori che spingono i membri della tribù ad agire in un determinato modo sono rintracciabili tra gli espoused values al centro. Potrebbero essere qui i fondamenti del purpose aziendale o di quello che Simon Sinek nel suo celebre golden circle chiama il Why dell’azienda.
Ma è la base della piramide quella che determina davvero la cultura di un’azienda e il modo in cui si comportano i suoi membri. È là sotto che stanno anche le storie decisive, per esempio quelle di un fondatore dell’impresa o della prima generazione manageriale che ha impresso il proprio carattere all’azienda.
La migliore comunicazione, ripetiamo spesso qui su Cipolla, è sapersi raccontare, ma per farlo un’azienda deve conoscere e riconoscere prima di tutto la propria cultura aziendale e le storie che la caratterizzano. Solo così potrà comunicare con il mondo esterno e con le proprie persone in un modo veramente autentico. Come una tribù.