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Corrado Paolucci
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3 min read

Ho già perso la tua attenzione. Breve guida anti-multitasking

sfocatura luci
19.04.2024

Viviamo immersi nella tecnologia, ma non sappiamo usarla. Ci inonda di distrazioni e stimoli continui, che rischiano di atrofizzare idee e creatività. Per sfuggire a tutto questo e tornare ad appropriarsi del proprio tempo una cura c’è. Sono le storie, uniche seduttrici in un mondo avvolto dalla frenesia

Facciamo una scommessa. Se stai leggendo queste righe è molto probabile che lavori anche tu, come me, nel mondo della comunicazione e affini. E anche tu sei più propenso a un lavoro di tipo orizzontale piuttosto che a dedicare il tuo tempo alla profondità di un argomento o di una ricerca accademica che implichi mesi di concentrazione verticale. Ecco, se corrispondi a grandi linee a questo identikit tra pochi secondi interromperai questa lettura per guardare lo smartphone, fare scroll, usare ChatGPT o qualsiasi altro applicativo simile, senza che per forza ti siano arrivate notifiche.


Se ho vinto questa scommessa, allora vale la pena andare avanti a leggere perché probabilmente io e te siamo più simili di quanto pensiamo.

uomo al pc esterno

Entrambi non usiamo la tecnologia ma ci viviamo, anche se nessuno ci ha ancora educato ad usarla al meglio.

Intanto ho capito che per tenere qui la tua attenzione, meglio che dia un po’ di respiro spaziale tra un capoverso/concetto e l’altro. Ecco, ora chiudi il tab di Whatsapp web e pensa a un esempio di questa mancanza di educazione di cui sopra. Fatto?

A me è venuto in mente il multitasking.

Nell’editoriale di HR Radical Club a cura di Roberta Cavaglià uscito lo scorso 17 gennaio viene fatta un’importante riflessione a riguardo: il multitasking non esiste, o almeno non esiste per come lo conosciamo. Il nostro cervello non ci permette di fare tante cose allo stesso tempo, ma passa velocemente da una all’altra e nel farlo sceglie quali informazioni registrare e quali no. E nel trasferirsi da un’emergenza ad un’altra, da una call che fai mentre in contemporanea stai scrivendo un’email e ogni tanto scrolli il feed di Instagram, la tua efficienza si sta riducendo di circa il 40% provocando un danneggiamento alla memoria di lungo termine e alla creatività.

Tell me something new, direbbero gli americani. Bene, la novità è che se provi a riportare la tua attenzione su un singolo task, sono dolori. 

Fatto? Come ti senti?

Non puoi dire meglio perché quel muscolo lì è fermo da tempo immemore. Se ti sei rotto il crociato e riprendi a correre dopo 4 mesi, non credo che le tue gambe siano fresche e distese come prima. Ci vorrà tempo per riattivare un muscolo atrofizzato.

occhio donna penombra

Però una medicina per ri-attivare questo muscolo c’è, è dentro di noi e si chiama ossitocina: quell’ormone che rilascia le sensazioni di benessere e piacere. Quindi qualcosa che tutti quanti desideriamo o tendiamo a ricercare. E tra le tante opzioni che possiamo scegliere per attivarlo ce n’è una molto semplice: ascoltare una storia.

Non starò a tediarvi sulla validità scientifica di quanto sto scrivendo (trovate tutto qui), ma le storie hanno più poteri di quanto possiamo immaginare. Attivano parti del nostro cervello che ci portano a tenere la nostra attenzione incollata a quel personaggio e a quella trama, a quell’imprevisto, a quella sorpresa. Ci tengono incollati ad ascoltarle-vederle-leggerle. 

Insomma, un bel risveglio muscolare che magari non risolverà tutti i problemi ma di sicuro avrà lasciato impresso nel tuo girovagare qualcosa di stabile, piacevole e indelebile.

E per calcare ulteriormente la mano (prima che perda definitivamente la tua attenzione) credo che non ci sia cosa migliore che citare Shane Snow, giornalista e fondatore di Contently:

Shane Snow

«No one cares about your marketing goals. But everyone likes a good story».