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Corrado Paolucci
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4 min read

A good story effect o anche gli esseri viventi a prova di storie

09.04.2025

Tra un picco di cortisolo e una dose di fiducia: istruzioni per l’uso delle storie.

La polvere sottile che si respira di più in questi mesi alla Casa Bianca probabilmente non è una polvere sottile. Ma gli effetti sull’organismo stanno dalla stessa parte: quella nociva. Si chiama cortisolo, non è una polvere sottile ma è il nome dell’ormone dello stress, ben conosciuto dagli addetti ai lavori e da chiunque viva una situazione, diciamo “poco gradita”. 
E qui il primo nota bene: non sono un medico né uno scienziato ma posso dire che il nostro organismo ha bisogno di un pochino di stress per stare sull’attenti e vigili. Averlo non equivale a qualcosa di negativo, il punto è la quantità che accumuliamo nel tempo a farci male, se è troppa, ne risentono mente e corpo. Come se non si aprissero mai le finestre di una camera e dopo un po’ di tempo si sente l’aria stantia e poco respirabile. Immaginiamo che qualcosa di simile sia successo durante l’incontro tra Trump e Zelensky nello Studio Ovale.

E ora qualcosa di completamente diverso (semicit.)

copertina libro

Nel libro The Storytelling Edge, il funzionamento del cervello umano di fronte alle storie è spiegato facendo riferimento principalmente a tre ormoni chiave, responsabili delle reazioni emotive e della fiducia che nascono quando ascoltiamo una buona narrazione:

Ossitocina vuol dire fiducia

Le storie coinvolgenti attivano nel cervello la produzione di ossitocina, che facilita la connessione emotiva e la fiducia verso chi racconta. Quando ci immedesimiamo nei personaggi di una storia (immaginate i vostri preferiti), il cervello rilascia ossitocina, aumentando l’empatia e rendendoci più propensi ad ascoltare, cooperare e sentirci coinvolti emotivamente.

Attenzione al Cortisolo!

Una storia ben costruita stimola anche la produzione di cortisolo, l’ormone responsabile dello stress e dell’attenzione vigile. Nonostante spesso associato negativamente allo stress, in piccole quantità il cortisolo aiuta a focalizzarsi su ciò che stiamo ascoltando. È ciò che ci tiene attaccati a una narrazione nei momenti di suspense o tensione.

(Non) c’è bisogno di dirmi grazie, Dopamina

Le storie che portano a una risoluzione o a una sorpresa positiva provocano il rilascio di dopamina, l’ormone legato al piacere e alla ricompensa. Questo rende le storie memorabili e desiderabili, aumentando la probabilità che vengano ricordate nel tempo.

Sempre secondo il libro The Storytelling Edge, la forza dello storytelling risiede proprio nella sua capacità di agire chimicamente sul cervello umano: una buona storia, infatti, bilancia magistralmente ossitocina, cortisolo e dopamina per creare empatia, attenzione e gratificazione, rendendo la narrazione estremamente efficace e coinvolgente, portandoci ad una sorta di dipendenza. Ma attenzione a quest’ultimo aspetto: specialmente la dopamina è responsabile di una buona parte delle patologie legate alla digital-addiction che vengono diagnosticate oggi e che sono la parte oscura di questa storia: quella che ci tiene incollati alla gratificazione nel breve termine e porta a danni e a disfunzioni nel medio-lungo.

E ora torniamo brevemente a noi, con un bagaglio nettamente più ricco di come funzioniamo noi, esseri umani viventi.
Bene, siccome, io credo, che noi, non solo funzioniamo ma “siamo” (in quanto esseri umani) chiudo con una domanda aperta: quali sono le buone storie che vorreste sentire? Quali sono, nella vostra vita, quelle che vi hanno ispirato e perché?