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Barbara Lattanzi
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5 min read

Do you wanna BeReal? Ascesa e declino del social senza filtri

donna riflessa in ascensore
PUBBLICATO
05.09.2022
TEMI

Il social “autentico” ha avuto la più classica delle parabole di ogni nuovo social: un successo rapidissimo, a cui è seguita una vertiginosa caduta. Ma il suo successo tra la Gen Z lancia un messaggio inequivocabile, valido anche per i brand: serve mostrarsi meravigliosamente normali

Quanto ci metti a pubblicare una foto su Instagram? Probabilmente tanto. Innanzitutto, devi trovare lo scatto perfetto, i filtri e le correzioni che più ti piacciono; dopodiché cerchi il copy migliore e provi a farti strada tra mille dubbi esistenziali prima di premere finalmente il tasto “condividi”. È fatta… ma non è finita. È qui che comincia una spirale di ansia: ansia dei like, delle visualizzazioni, dei commenti, dell'accettazione esterna. Qualcuno la chiama ansia algoritmica.

Stressante vero? Ecco, la generazione Z questa cosa ha cominciato a non sopportarla più. Così, dopo aver reagito riempiendo i feed di foto “one shot”, imperfette e meno curate rispetto a quanto eravamo abituati a vedere qualche anno fa, e aver dato nuova vita al “casual posting” che caratterizzava le prime fasi di vita di Instagram, i più giovani hanno scoperto un nuovo social che sembra rispondere a tutto ciò che desiderano ed escludere quello che non vogliono più vivere: BeReal. Ma è veramente tutto così reale?

Palazzi toilet paper
selfie
Palazzi

Genesi di un fenomeno: da dove nascono le preferenze della Gen Z?

Le scelte estetiche dei giovani di oggi risalgono a un periodo storico - gli anni ‘90 e ‘00 - che i nativi digitali, nati tra il 1996 e il 2010, non hanno mai vissuto da consumatori. 

Secondo uno studio dell’Università di Pittsburgh, le abitudini e le preferenze di questo gruppo di persone sono determinate dai cambiamenti culturali causati dall’avvento della tecnologia (smartphone e social media, su tutti) e dai grandi eventi economici e politici (la grande recessione, l’attentato alle Torri Gemelle, la Guerra in Iraq), compresa l’emergenza climatica. Il risultato è una generazione pragmatica e cauta, che è abituata a vivere repentini cambiamenti e gestire le informazioni principalmente online. 

La nostalgia si innesta in questo contesto come punto di fuga, “evasione” da un mondo ontologicamente complesso; gli anni ‘90 sono spesso percepiti come un’epoca autentica e incontaminata, al riparo dal ruolo invasivo odierno della tecnologia. La vita si svolgeva principalmente offline, il tempo era denaro e la produzione di contenuti non era satura come oggi.

Nostalgia che non è solo aspirazione, ma anche azione. Uno studio Digital Society Index sottolinea come già nel 2020 il 20% della Gen Z avesse abbandonato i social. La pandemia non ha smentito il trend: nonostante il lockdown e la riduzione della vita sociale abbiano incentivato interazioni e attività online, in media (europea) un quinto (17%) dei GenZers ha disattivato i propri account sui social media nell’ultimo anno. In Italia la percentuale arriva al 25%, con più di un terzo dei giovani che dichiara di aver ridotto i tempi di utilizzo e la mole di dati condivisi online (per esempio cronologia di Google e servizi di localizzazione).

Grafico

Cosa c’entra BeReal?

In questo scenario, BeReal ha rappresentato inizialmente una possibilità decisamente interessante e in controtendenza. L’app nata in Francia nel 2020 ha raggiunto rapidamente i 10 milioni di iscritti nell’agosto del 2022 (contro i 500 milioni di Instagram e quelli TikTok). Un fenomeno con dati di crescita impressionanti: 4 milioni di download dell’app nel 2022, con un +315% degli utenti attivi rispetto all’anno precedente

La grande promessa era quella di rispondere al bisogno di autenticità e alla noia che l’overload di contenuti post-prodotti suscita. Come funziona? La regola principale è una e una sola: essere se stessi, senza filtri.

Scarico l’app... E poi?

Il funzionamento potrebbe sembrare quasi troppo basico: una volta effettuata l'iscrizione, l'applicazione invia un'unica notifica in un momento "x" e variabile della giornata. Una sola notifica, una sola volta al giorno.

Esclusivamente dopo averla ricevuta, gli utenti possono scattare una foto di quello che stanno facendo, fermando l’istante attraverso la fotocamera esterna e quella interna, allo stesso tempo. Se fatta due minuti dopo la ricezione del pop-up, la foto risulterà “in ritardo”. Questo è forse il primo tradimento della promessa di autenticità di cui BeReal si fregia: dalla ricezione della notifica in poi, puoi scattare la tua foto quando vuoi; non stai quindi creando davvero un contenuto reale, ma puoi posticipare lo scatto al momento “perfetto”, in base a quello che della tua vita vuoi o non vuoi far vedere.

Se non posti non vedi nulla: sai chi tra i tuoi amici ha pubblicato, ma non puoi vederlo; questa è forse la vera forza del social: la curiosità (e in questo somiglia un po’ alle stories di Instagram). 

I contenuti durano il tempo tra una notifica e l’altra. Una volta arrivata la nuova notifica e pubblicata la nuova foto, quello che hai scattato ieri scompare e puoi vederlo solo nel calendario all’interno del tuo profilo. Dove sta l’interazione? Anche qua, la scelta è essenziale: commenti o Realmoji - emoji che si esplicitano in selfie.

Foto Bereal

Gen Z chiama, BeReal risponde?

Chiare le aspettative di chi si iscrive e chiare le funzionalità del social. Ma davvero ciò che l’app ci offre risponde alla domanda per cui la scarichiamo? Probabilmente no. L’arrivo randomico della notifica di pubblicazione ci crea forse più dipendenza dei social tradizionali, alimentando la cosiddetta “FOMO” - Fear of missing out - e l’ansia sociale di cui non avevamo ulteriore bisogno. 

In secondo luogo, non è chiaro quale sia il futuro di questa app che si rifiuta di inserire adv tra i suoi contenuti. Quale sarà la sua sostenibilità economica? E, soprattutto, ha senso fare una scelta così drastica e in parallelo avere brand che con account gratuiti trovano il modo di sponsorizzare i propri prodotti (vedi, per esempio, Chipotle's)? In effetti, uno dei punti critici è rappresentato proprio dal business model che sarà possibile adottare: nessuno pare essere particolarmente remunerativo, e anche l’idea di inserire delle adv in un social che dice di voler parlare soltanto della nostra “vita reale” sembra pericoloso. Suonerebbe forse come una promessa disattesa.

Ok, quindi?

La strada che indica questa nuova “moda” è chiara. Così chiara che Meta sta cercando di aggiungere nel più breve tempo possibile la funzionalità del doppio scatto contemporaneo; una funzionalità, quest’ultima, che, come riporta Vincenzo Cosenza nel suo spazio, era già stata implementata da altre app come Frontback, oggi scomparsa, e Minutiae.

In BeReal c’è bisogno - e mancanza - di autenticità. C’è noia - e fuga - dall’overload dei contenuti.

Ma queste necessità sono state soddisfatte? Come sta oggi BeReal a poca distanza da quello che è stato il suo boom di download? A neanche un anno dall’articolo che ne celebrava l’ascesa il The Guardian si è affrettato a celebrarne la caduta, un funerale tech che ci ha raccontato molto di più sulla situazione generale delle app, del loro tempo di adozione e di come ogni dato, anche il più entusiasmante, possa in pochi mesi risultare effimero. È l’effetto Clubhouse, quello che ogni nuova app (sarà così anche per Threads?) sembra destinato a seguire in tempi sempre più rapidi. Nasce, cresce, esplode con migliaia di utenti attivi e in pochi mesi scompare come una supernova troppo brillante.

tre ragazze

Se BeReal ha un pregio è certamente quello di suggerire una direzione precisa da indicare a brand e utenti: meno contenuti e più autenticità. Sembra una tendenza sempre più consolidata quella da parte delle nuove generazioni di ricercare autenticità, unicità, esperienze da condividere solo se reali e condivise. La tendenza delle app a scomparire sempre più velocemente ci racconta, forse, che le aree da presidiare sono già tante, troppe. Che alcuni touch point sono consolidati e con un primato difficile da scalfire (Instagram su tutti, ma anche Linkedin per le esigenze più strettamente work-related). La sfida per i brand è sempre più chiara: bisogna sapersi raccontare in modo autentico, con messaggi di valore che non si perdano nel mare magnum di contenuti a cui siamo esposti, ma che in questo panorama riescano sempre più a differenziarsi - come fari - risultando riconoscibili. Se possibile indicando all’utente una nuova strada da percorrere. Forse ci siamo stancati dell’eccezionalità, aspiriamo a vedere vite e racconti il più possibile vicini alla normalità e non costantemente piene di finti momenti speciali.