Cosa sognano i giovani oggi? Sulla necessità di coltivare il talento

In Italia raramente optiamo per la continuità. Non ci capita in politica, non ci capita nello sport. Questo perché non ci prendiamo cura dei talenti, o, almeno, non nel modo giusto. Invertire questa tendenza è fondamentale per accompagnare i ragazzi nel percorso di crescita, per aiutarli a leggere i segni. E a sognare ( in un tempo in cui sognare non è così semplice)
Possiamo confermare che a noi, in Italia, la continuità non piace proprio. Non ci piace quando ci troviamo a scegliere chi ci governa, non ci piace quando impostiamo un piano a lungo termine salvo poi ribaltarlo completamente nel giro di pochi mesi, non ci piace quando affrontiamo le competizioni sportive.
Molti compatrioti si potrebbero essere risentiti dopo questa affermazione ma è la storia a supportare questa tesi. Dall’alternanza quasi perfetta tra le coalizioni di centro destra e centro sinistra al Governo che si è registrata negli esiti elettorali da trent’anni a questa parte, agli appuntamenti olimpici - in cui tradizionalmente gli azzurri più attesi faticano a ripetersi, mentre le gioie più grandi ce le regalano gli outsider (i Giochi di Parigi non hanno fatto altro che confermare questa tendenza). Una particolarità che si estende anche ad altri sport dove - Sinner a parte - i nostri talenti più floridi spesso fanno della poca continuità una delle caratteristiche principali.

Se parliamo della nazionale di calcio, poi, i dati non lasciano spazio a interpretazioni. Un brevissimo riepilogo della storia discontinua più recente: vinciamo il Mundial ‘82, non ci qualifichiamo per Euro '84. Terzi nelle Notti Magiche a Italia ‘90, ci sogniamo l’Europeo del 1992. Vicecampioni a USA ‘94, fuori dal girone a Euro England ‘96. Vicecampioni a Euro 2000, la Corea del Sud (e Byron Moreno) ci condannano agli Ottavi nel 2002. Campioni del Mondo 2006, peggiore Mondiale degli ultimi 30 anni nel 2010. Trionfo a Euro 2020 (nel 2021) e debacle in Germania nel 2024.
Da questi fatti non si sfugge. Quindi, c’è qualcosa che possiamo fare per dare discontinuità a tale cronica discontinuità? Coltivare il talento, coltivare la pazienza che implicano i processi di crescita, qualcuno ha detto. C’è una grande opportunità, ad esempio, da oggi alle Olimpiadi di Milano-Cortina 2026, da oggi a United 2026, il prossimo appuntamento Mondiale, e cioè iniziare noi a raccontare cosa significhi coltivare il talento, cosa voglia dire la pazienza di piantare dei semi e prendersene cura, ogni giorno. Anche quando non abbiamo voglia, anche quando i risultati restano nascosti.
Raccontare qualcosa che c’è ma ancora non si vede
Può accadere così anche nelle organizzazioni, nelle realtà di business, dove prendersi cura, fino a poco tempo fa, sembrava qualcosa da appaltare alla responsabilità sociale o al volontariato di impresa. E invece oggi si sta riscoprendo che innaffiare con fiducia, continuità, conoscenze, competenze e anche un pizzico di rischio può fare molto bene alle proprie persone. Ma non basta.
Questo terreno deve diventare contagioso e “letalmente generoso”, deve farsi cultura. Per mettere al centro le cose più importanti e non (solo) quelle più urgenti.
Ma come? Come è possibile fare questo? E poi in Italia, non scherziamo.
E allora cominciamo dalle storie, quelle belle, del talento cresciuto alla distanza, in tempi fuori dalle nostre misure
Storie in cui si racconti la responsabilità con cui vogliamo (o dobbiamo?) accompagnare i giovani con metodo e slancio verso la governance che dovrebbe attendere loro.
Perché i giovani vedano in chi è più avanti di loro non un nemico o un ostacolo alla crescita, ma un Virgilio che permetta loro di andare nella direzione giusta, fidandosi dei segni della realtà. Per scoprire le meraviglie del mondo e della vita.