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Marco Bardazzi
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Crisi aziendali: la narrazione è il miglior alleato della reputazione

05.04.2024

Dal Dieselgate di Volkswagen ai pandori di Chiara Ferragni, le crisi di reputazione si dividono in due categorie: quelle di capability, relative alle competenze, e quelle di character, che riguardano i valori. Origini e gestioni diverse, una stessa ancora di salvezza: le storie

La reputazione è un asset intangibile tra i più delicati che esistono. Un’azienda o un individuo non “possiedono” la propria reputazione, che invece appartiene ai loro stakeholder: possono solo cercare di migliorarla attraverso un lavoro costante e corretto sull’identità e sugli strumenti di comunicazione. Per questo una crisi reputazionale lascia segni profondi ed è difficile da gestire. E sempre per questo è fondamentale lavorare sulla propria narrazione. Vediamo perché.

All’Università di Oxford esiste un prestigioso Corporate Reputation Centre, ospitato dalla Saïd Business School, che ha da tempo sviluppato una profonda riflessione sulle crisi reputazionali, dividendole in due grandi macrocategorie: quelle provocate dalla capability e quelle provocate dal character. La prima categoria raccoglie le competenze, la capacità di fare le cose, di realizzare prodotti all’altezza delle promesse del marchio, di mettere in campo risorse adeguate alle sfide imprenditoriali. La seconda è invece la percezione di come un’impresa faccia le sue scelte, di quali siano le basi culturali e valoriali della propria identità. 

È dura perdere la reputazione legata alla propria capability, occorre combinare un guaio serio e la strada per recuperarla passa dalla riconquista della fiducia, in primo luogo, dei clienti. È più facile mettere a repentaglio la reputazione sugli aspetti di character e forse ancora più faticoso rimediare, perché ci sono da convincere un sacco di stakeholder diversi. 

Le crisi celebri

L’esplosione nel 2010 della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon della BP nel Golfo del Messico è un classico esempio di crisi reputazionale di capability («siete in grado di fare questo mestiere senza far saltare tutto in aria?»), sul quale si innestò anche una questione di character, per i pessimi commenti pubblici dell’amministratore delegato dell’epoca. Il Dieselgate del 2015 di Volkswagen, con la manipolazione dei dispositivi di misurazione delle emissioni delle auto, è un caso invece puramente di character: nessuno mette in discussione la capacità di Volkswagen di costruire ottime auto, ma le mosse truffaldine di alcuni suoi manager hanno sollevato dubbi sulla cultura aziendale della casa automobilistica. 

Anche il passo falso di Dolce e Gabbana in Cina nel 2018, con gli spot accusati di essere carichi di stereotipi razziali, è un esempio di crisi di character: i capi d’abbigliamento dei due stilisti restano eccezionali, ma ci si è interrogati sui valori e la cultura aziendale. Se una banca o un’azienda di carte di credito si fanno rubare da un hacker i dati dei clienti, sicuramente si pensa invece a un problema di capability.

Poi ci sono i casi dove la differenza tra le due macrocategorie si fa più labile e le cose si accavallano. Se Facebook si fa scoprire impreparata di fronte alla grave gestione dei dati degli utenti costruita da Cambridge Analytica, viene il dubbio che ci sia un problema sia di character, sia di capability. Allo stesso modo, tutti i recenti guai di Chiara Ferragni con panettoni e beneficenza sono senza dubbio un problema di character, ma visto che il suo core business è la comunicazione di sé stessa, occorre riflettere anche sulla capability. Qualcosa di analogo, in circostanze drammatiche, è toccato alla famiglia reale britannica in occasione della celebre foto ritoccata da Kate Middleton: un tema di identità, ma anche di capacità del team di comunicazione dei reali. 

La “salvezza” arriva dalla narrazione 

Per far fronte a questo tipo di crisi reputazionali, come insegnano a Oxford, ci sono tre strade. La prima è legata ai comportamenti: come agire per cercare di ripristinare la fiducia che è stata compromessa. La seconda è relativa ai network: quali interlocutori cercare, quali operazioni di Pr avviare, quali interviste e dichiarazioni pubbliche perseguire. La terza, quella di più lungo periodo, è infine quella della narrazione. Come ti sei raccontato fino a ora e come devi raccontare d’ora in poi la tua azienda, le tue attività, ma anche i tuoi valori, la tua identità. 

È quest’ultimo il terreno dove si muove la narrazione strategica d’impresa ed è la migliore garanzia di poter presentare al mondo una rappresentazione autentica ed efficace di chi sei. Ma è un ambito su cui è meglio lavorare prima che arrivino i problemi, perché quando sei nel pieno di una crisi le opzioni sono ridotte. Del resto lo aveva già detto molto bene secoli fa uno dei migliori strateghi della comunicazione di sempre, Niccolò Machiavelli:

Niccolò Machiavelli

«È comune defetto degli uomini, non fare conto, nella bonaccia, della tempesta».