White Lands Rare Books e la passione per i libri antichi: le nuove frontiere della divulgazione social

Luca Cena ha ereditato dai genitori la passione per la libreria antiquaria, con grande maestria è riuscito a creare una comunità di appassionati tra scambio di informazioni e viralità dei social. La storia di un libraio che trasforma il racconto dei libri in una missione culturale globale.
Ci sono talenti che si costruiscono con l'esercizio, la dedizione, lo studio. E poi ci sono quelli che sembrano crescere insieme a noi, già presenti, già nostri, come se fossero parte del nostro DNA, frutto dell’aria che abbiamo respirato da piccoli. Ereditiamo spesso non solo i tratti somatici o gli occhi di un genitore, ma anche una passione, un mestiere, una forma d’amore. Non sempre si tratta di seguire le orme di qualcuno. Più spesso si tratta di riconoscere, a un certo punto, che quelle orme sono anche le nostre.
Luca Cena, libraio antiquario e divulgatore culturale, è uno di quei casi in cui la passione di famiglia non solo si trasmette, ma si trasforma in una missione. La sua storia personale si intreccia con quella dei libri antichi – e non in modo simbolico. I suoi genitori erano librai antiquari. La sua infanzia è stata costellata da scaffali pieni di volumi misteriosi, da giorni pieni di storie. Quella che poteva sembrare una semplice consuetudine è diventata, con il tempo, una vera e propria vocazione trasformata oggi in White Lands Rare Books.
«Credo che le passioni si ricevano. Nel mio caso è stato proprio così. Il contesto familiare è stato fondamentale, ma a farmi innamorare davvero dei libri sono stati i collezionisti. Quelle persone che ti parlano con occhi accesi, con entusiasmo sincero. Quando ti raccontano cosa amano, ti contagiano».
In Luca la passione per i libri antichi non è stata solo assorbita, ma anche rielaborata. Il suo è un progetto di divulgazione che racconta il mondo del libro raro sui social, trasformando TikTok, Instagram e YouTube in strumenti per avvicinare migliaia di persone ad un universo che sembrava riservato a pochi. Un paradosso apparentemente: usare i linguaggi veloci e iper visivi dei social per parlare di oggetti che per natura sfuggono alla fretta, creatori di lentezza e di un tempo fatto di calma e attenzione. Ma è proprio in quel paradosso che sta la chiave. Luca non semplifica, non svende, non "viralizza" a ogni costo. Racconta. E chi vuole segue i suoi racconti. «Io non insegno, non faccio divulgazione accademica. Lascio briciole. Cerco e spero di accendere una curiosità, poi sta a chi mi segue decidere se raccoglierla o meno».


I social diventano un ecosistema narrativo: Instagram è la vetrina estetica, TikTok la rete di primo contatto, YouTube l’archivio dove i contenuti si fanno più lunghi, più profondi, più stabili. Il tutto costruito attorno a un’idea semplice e radicale: il libro antico può ancora emozionare, stupire, parlare. Basta saperlo ascoltare. E raccontare. «Io non ho inventato nulla. La fortuna che ho è quella di lavorare con oggetti che hanno una bellezza e una storia già dentro di sé. Io cerco solo di farle emergere».

L'estetica è una componente fondamentale nel lavoro di Luca Cena, ma non sempre è l'aspetto predominante. La sua passione per le cose belle e ben fatte permea i contenuti che crea. «Nei miei contenuti, l'estetica gioca due ruoli: il primo è quello dell'ambientazione, una biblioteca antica che dà un contesto unico; il secondo è legato ai libri stessi: quando un libro è esteticamente interessante, è più facile raccontarlo. Ma anche quando un libro non ha una forte valenza estetica, il contenuto rimane centrale».
Quello che Luca porta avanti è un racconto che nasce dall’esigenza e dalla voglia di creare e far rinascere una curiosità assopita, ricostruire una domanda, un interesse prima ancora di un mercato di riferimento: «Ho dovuto ricominciare veramente dalle basi, non potevo essere un mero distributore di merce. Certo, avessi avuto un negozio di scarpe avrei convertito più facilmente, ma essendo nel campo del collezionismo avevo bisogno di ricreare un certo coinvolgimento intorno a ciò con cui lavoro. Mai ovviamente avrei immaginato che ci sarebbe stata una risonanza, un interesse così ampio».
«Io non insegno, non faccio divulgazione accademica. Lascio briciole. Cerco di accendere una curiosità, poi sta a chi mi segue decidere se raccoglierla o meno».
Nei suoi video non c'è nessuna call to action, nessun link di acquisto. Il modello non è quello della conversione rapida, ma della fascinazione lenta. Luca è consapevole del fatto che è una scelta difficile, quasi eroica, in un mercato che spinge a monetizzare tutto e subito. Ma è anche l’unica scelta possibile se l’obiettivo non è vendere un libro, ma farlo amare. Far apprezzare la bellezza. Questa autenticità è ciò che tiene vivo il progetto, perché Luca e Whitelands sono la stessa cosa. Non c'è divisione tra persona e professione, tra vita e contenuto. Ogni video, ogni post, è il riflesso di un lavoro fatto di studio, ricerca, cura e passione. Una passione sincera e di lungo corso, che Luca ha avuto la fortuna e la bravura di trasformare nel suo mestiere: «Molti mi dicono che dovrei comunicare di più me stesso, cioè Luca Cena, io invece penso che sia più interessante legarmi a questa realtà che è fisica, che è esistente, quindi accessibile». L’unico motivo per aprire a un coinvolgimento personale maggiore sarebbero le richieste esplicite di qualche brand ma, come dice «non ho quell'esigenza lì e, soprattutto, i brand con cui ho collaborato erano ben contenti di inserirsi in un contesto più divulgativo e meno da creator classico».

I libri selezionati non sono per forza i più rari o i più preziosi, ma quelli che sanno raccontare qualcosa, che sappiano sorprendere. «Io scelgo libri che incuriosiscono l'essere umano. Non mi importa che siano rarissimi, mi importa che le persone si stupiscano ascoltando la loro storia». Capita spesso di sorprendere gli utenti. Spesso sono proprio i più giovani a venire attratti da cose solo apparentemente scontate.
«Quando racconto che un libro è stato stampato nel millecinquecento, alcuni cadono letteralmente dal pero. Devi poi saperlo raccontare, altrimenti rischi di perdere l’unicità della cosa. Sui social capita che alle volte acquisti valore qualcosa di banale ma ben raccontata e che al contrario non si riesca a far venire fuori la bellezza e la profondità di qualcosa che invece ha grande valore». È il gioco strano dei social, un mezzo che lo ha aiutato a mostrare semplicemente ciò che Luca è quotidianamente: «I miei contenuti sono già presenti, esistono già. Io ho una grande fortuna rispetto ad altri creator: i miei contenuti sono qua, a fianco a me. Certo devo selezionarli, mostrarli, esporli e interpretarli, ma ci sono. Le storie sono già al mio fianco, è grazie alla loro bellezza che io riesco a raccontare con facilità».
Il successo è arrivato quasi per caso. Con un video caricato su TikTok nel mezzo di un periodo difficile per il mercato dell’antiquariato. Da lì, la crescita. Ma anche la consapevolezza che quel successo non avrebbe avuto senso se non fosse stato condiviso, moltiplicato nel tempo. Per questo Luca sogna un’Italia dove non sia l’unico a raccontare i libri antichi online. «Mi dicono: sei l'unico che fa questa cosa. Quasi come fosse un vantaggio, ma io vorrei che ce ne fossero altri dieci a fare lo stesso. Solo così si crea un vero interesse, un mercato, una cultura. Se sei completamente da solo è più complesso cambiare veramente le cose». Un’apertura preziosa verso l’altro, un modo per rafforzare l’idea che un mercato non si cambia da soli ma anche un modo per ricambiare la passione che gli è stata trasmessa da giovane da altri collezionisti che hanno alimentato la sua fiamma, perché dice: «Raccontare la propria passione inevitabilmente accende nell'altro un qualcosa. E io grazie a molti di loro ho capito come approcciare in modo genuino e libero a questo amore che avevo per i libri. Credo siano le persone, di base, a trasmetterci la passione per la scoperta». Un’idea emozionante, antitetica rispetto alla logica del "personal brand" ma coerente con la visione di chi mette al centro non se stesso, ma l’oggetto che racconta.
«Io scelgo libri che incuriosiscono l'essere umano. Non mi importa che siano rarissimi, mi importa che le persone si stupiscano ascoltando la loro storia».
È un passaggio che si lega molto al concetto di comunità, una comunità che cresce solo se cresce il numero delle voci che la raccontano. Anche le aziende hanno iniziato ad accorgersi del potenziale di questo approccio. Alcune – come Netflix, Universal o Fincantieri – hanno coinvolto Luca in progetti editoriali, chiedendogli di fare ciò che gli riesce meglio: partire da un libro per raccontare un prodotto, un valore, una storia. Non è pubblicità. È storytelling culturale. «Ogni oggetto ha una radice culturale, una storia che si può svelare attraverso i libri. La sfida è trovare un ponte, un terreno comune tra mondi lontani».
I social media, infatti, offrono una varietà di spazi in cui inserirsi, ciascuno con il suo ritmo e le sue peculiarità. Instagram, ad esempio, per Luca è lo strumento ideale per le "pillole di curiosità", quei contenuti rapidi che catturano l'attenzione immediata. È un social che funziona come una sorta di trampolino di lancio. Come dice Luca «Instagram è una rete che poi, naturalmente e istintivamente, seleziona chi ha voglia di fare il passaggio successivo». Questo passaggio, per lui, è l’approdo su YouTube, dove Luca ha la possibilità di esprimersi in modo più approfondito. «Su YouTube, il racconto diventa "più cristallizzato", maggiormente didattico, e assume la forma di un vero e proprio archivio, una biblioteca capace di sopravvivere nel tempo, un luogo in cui puoi andare a trovare storie anche dopo anni. Le persone chiedono, vogliono informarsi, approfondire», spiega sottolineando la differenza con altri social dove i contenuti scompaiono rapidamente.
Altri social come TikTok, ad esempio, rappresentano una rete enorme che raggiunge milioni di persone, ma dove l’engagement rimane spesso ridotto. «L'algoritmo premia contenuti originali, ma la vera conversione avviene quando il pubblico si sposta su altre piattaforme. A me comunque piace perché i giovani su TikTok, pur abituati a contenuti di bassa qualità, si appassionano facilmente a ciò che è più interessante e ben fatto». Una sorta di circolo virtuoso che inizia su TikTok, passa a Instagram e poi arriva a YouTube, dove può raccontare storie più dettagliate.

Nonostante tutto avvenga online, Luca non dimentica il valore del contatto fisico. La libreria – per lui – resta un presidio umano. Un luogo dove si cerca, si scopre, ci si confronta. Non serve più a ottenere, ma a vivere.
«Oggi l'esperienza fisica non serve più a ottenere, ma a vivere. In libreria ci si ispira, si scambiano idee, ci si riconosce. È questo che dobbiamo difendere». Il futuro? Per alcuni coincide con i numeri. Per Luca, con la profondità. YouTube, per esempio, è il suo spazio preferito: archivio, biblioteca digitale, contenitore dove dare tempo alle storie. È lì che pubblica i format più lunghi, le analisi più articolate, le guide. A breve lancerà una nuova serie, con materiali scaricabili per chi vuole approfondire.
«Quando qualcuno mi scrive: ho passato tutta la sera a guardare i tuoi video, capisco che quello è il mio posto. Perché anche io faccio così quando trovo qualcosa che mi appassiona». Nel frattempo, la sua libreria resta un laboratorio, uno studio, una bottega di idee. Ogni giorno arrivano nuovi volumi, nuove storie, nuove domande. Quando gli si chiede cosa avrebbe fatto se non fosse nato in una famiglia di librai, sorride. «Sicuramente qualcosa di manuale, forse il pescatore. Mi piaceva tantissimo quando ero piccolo». In fondo è proprio così: certi mestieri, certe passioni, non si imparano, sono frutto di una scintilla, di qualcosa di profondo che ci muove dall’interno. Spesso però si ereditano, anche quando sembrano arrivare da un'altra vita.