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Giada Martemucci
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7 min read

Meno male che ci sono i videogame

Illustrazione gamer
19.09.2025

Che fine hanno fatto le belle storie? Dalla tv al cinema, la chiave di volta viene dal gaming. Ecco il paradigma di Arcane.

La definizione di belle storie applicate al mondo del cinema e della tv corre il rischio di essere fuorviante. Cosa vuol dire “belle”? Esteticamente godibili? Emotivamente accattivanti? Ritmicamente appassionanti? Probabilmente ciascuno di questi riferimenti potrebbe essere corretto per qualcuno, e indifferente per qualcun altro. Il fattore discriminante per definire la bellezza di una storia deve necessariamente trascendere l'estetica o la godibilità di un racconto, toccando tasti incontrovertibili e, per nostra fortuna, ce ne sono davvero pochi. Anzi, per essere onesti, ne esistono solo due. 

Il primo: l’originalità. La narrazione contemporanea è inevitabilmente frutto di una sovrapposizione di storie, dato che l’elemento del racconto è proprio dell’umanità fin dalla sua comparsa nel mondo, che si tratti di semplicissimi segni sulle pareti di una caverna, alle terzine dantesche, tutto è stato detto, tutto è stato mostrato.

Sorge spontanea una domanda: un narratore ha oggi la possibilità di essere originale? Evidentemente sì, ma è una questione di sguardo, non di soggetto. Le storie della grande letteratura hanno reso per noi accessibile il Paradiso, l’inferno, mondi alieni, mondi surreali, abbiamo attraversato i corridoi della mente nelle sue varianti più scomposte. Come la fisica quantistica, la scrittura ha esplorato la parte più infinitesimale della realtà, inserendola in una cronologia di parole e immagini che difficilmente oggi riesce a stupirci con la sua semplice evocazione. Una questione di sguardo dunque, è questa la formula in grado di rendere originale anche quello che incontriamo tutti i giorni, bevendo il caffè, passando ore davanti agli schermi, facendo la fila in cassa al supermercato. Lo sguardo è lo strumento attraverso il quale la quotidianità viene interrogata sul suo significato più profondo scandendo un ritmo costruito sui perché.

Arcane videogame
The last of us videogame
Fallout videogame

Il secondo: il movimento. La bellezza, nel suo significato ultimo, contiene una conseguenza imprescindibile. Le belle storie muovono. Muovono persone, muovono culture, muovono luoghi, muovono tutto fino alle nostre più celate aspirazioni. Il desiderio atavico che, incontrando una strada possibile, si accenda la creatività, mettendo il moto la persona.

Il movimento va letto però nel suo duplice significato: dal gesto, il passo che ci conduce “più in là” per dirla con Montale, a quello inevitabile davanti ad uno sguardo originale. Una bella storia genera un cambiamento.


La grande letteratura la si riconosce proprio alla luce di questi due semplicissimi elementi, un valore oggettivo, al punto di contaminare i mezzi di comunicazione: dalla rete, al grande e piccolo schermo. Il cinema ha scoperto la ricetta della longevità adattando le belle storie alle immagini in movimento, ma il rischio che il trascorrere del tempo porta con sé, è che il contenitore diventi prioritario rispetto al contenuto, e l’originalità venga sacrificata in virtù della semplice accessibilità della ripetizione. Arriviamo al 2025 carichi di parole come sequel, prequel, reboot. In estrema sintesi, se una storia è bella e funziona, cioè muove e coinvolge, deve proseguire all’infinito nell’illusione di preservare in questo modo la magia. Non funziona, e la realtà lo dimostra al di là di ogni analisi o dubbio. Ma se c’è chi prova a tutelare la comfort zone data dal già saputo, c’è anche chi corre invece il rischio della novità dando vita ad uno spazio nuovo dedicato alla narrazione.

Fallout serie TV

La riduzione, in termini di dimensione degli schermi, ha aperto ad un nuovo mercato dell’intrattenimento, oggi uno dei più floridi al mondo, costantemente innaffiato da capitali e investimenti e, soprattutto, nuove storie. Stiamo parlando dell’universo del gaming, il mondo delle storie virtuali che hanno fatto del connubio tra sguardo e movimento il cuore della loro esistenza. Il videogioco presuppone una sintonia perfetta tra narratore e utente che, letteralmente, deve muoversi attraverso la storia in scenari di cui è protagonista in prima persona. Non stupisce che con questa premessa, i videogiochi siano diventati negli anni il bacino privilegiato da cui il cinema ha attinto per dar vita ad alcuni dei più grandi successi dell’epoca contemporanea.

L’esigenza specifica del movimento del gamer, la necessità di rendere la corsa alla missione imperativa, ha obbligato gli ideatori dei videogiochi ad interrogarsi costantemente sull'originalità delle loro storie. Chiariamolo subito, nemmeno il gaming è esente dal rischio della ripetizione, ma la connessione diretta con il coinvolgimento totale dell’utente finale è un fattore sufficiente ad aggiustare la rotta di navigazione quando ci si perde in mare aperto.

Da quel mare aperto è emersa Arcane. Una storia nuova, in tutti i sensi, originale proprio come dovrebbe essere una bella storia, tesa al movimento e in grado di generare in chi la osserva un cambiamento nello sguardo. Spin-off di League of Legends, il videogioco online di Riot Games che lo studio di animazione francese Fortiche Production ha adattato in forma seriale per Netflix, il colosso dello streaming che detta ormai i parametri della narrazione fruibile dal divano. Il debutto in streaming di Arcane è stato accompagnato da un hype esasperato e condiviso dai milioni di utenti del gioco che dalla sedia non vedevano l’ora di approcciare al più comodo divano di casa per osservare i campioni di LOL inseriti in un contesto ampliato per una condivisione ancora più immersiva nella loro storia.

Arcane serie TV

È stato un successo senza precedenti. Le animazioni, la caratterizzazione dei personaggi, il tema centrale che intreccia l’elemento misterioso della realtà alla dinamica decostruita innescata dall’insinuarsi della tecnologia nei nostri meccanismi neurologici, ha reso fantastico uno scenario più che noto: il conflitto, l’amore, la paura, la morte. Tutto è stato letto alla luce del vero arcano messo in campo dallo show: l’uomo.

Non è la prima volta che lo streaming ha confezionato un successo ispirandosi alle storie del gaming: il più classico The Last of Us, è riuscito a rileggere il survival movie in chiave seriale, mentre Fallout ha portato il dramma di Oppenheimer alle sue più estreme conseguenze, chiamando in causa l’etica e la morale chiedendogli di invadere finalmente lo scenario desolante di una Terra post apocalisse.

Ma Arcane è diversa. Arcane è nuova. Arcane è narrazione pura. Parole, immagini, idee, appaiono sul piccolo schermo come l’apice di quella rivoluzione innescata dai disegni di caccia nelle caverne.

La serialità di Arcane non esiste, certo, la storia appare divisa in episodi e stagioni come la contemporaneità impone. Ma ha un inizio e ha una fine. Chiara, serrata, definitiva. Nata dalla costola di League of Legends, Arcane assume vita propria, si fa araldo della bellezza introducendo animazioni imperfette e vive, raccogliendo e rilanciando elementi attraverso la sintesi offerta da ogni suo protagonista. Dalla musica, alle animazioni, ai dialoghi, lo sguardo nuovo di Arcane racconta un uomo nuovo, il portatore di una caratteristica invisa alla contemporaneità: il mistero.