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Paola Caldera
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Founder storytelling: il racconto di un’azienda parte dai fondatori

poltrona marrone
PUBBLICATO
03.04.2023
TEMI

Come recita una frase del celebre copywriter Joseph Sugarman, «le persone amano le storie degli altri perché si immedesimano [...] nelle loro vite. Ecco perché la storia di un fondatore d’impresa è vincente». Da Steve Jobs a Leonardo Del Vecchio, andiamo a scoprire alcune di queste 

Per “founder storytelling”, ovvero il racconto dell’impresa tramite la storia personale del fondatore, intendiamo quella strategia comunicativa che assume uno spazio sempre più ampio e importante nel marketing contemporaneo; il tutto in un’epoca in cui il personal branding ha assunto un ruolo sempre più centrale. Lavorare sulla storia del fondatore offre ai brand la possibilità di dare enfasi ai valori di marca, radicandoli saldamente nel passato e proiettandoli nel futuro prossimo dell’azienda. Per avere la prova di questa influenza si può pensare a quelle imprese in cui la figura del fondatore costituisce un importante elemento di distintività, diventando spesso rappresentativa dell’impresa stessa.

Mac

Il caso più emblematico è quello di Steve Jobs, CEO di Apple, che oggi ha assunto quasi le sembianze di un eroe mitologico. Lui per primo ha fatto uso della propria storia personale, non solo per presentare i prodotti dell’azienda, ma anche con lo scopo di ispirare il pubblico attraverso la narrazione dei propri valori (e quindi quelli di Apple), come durante il famoso discorso ai neolaureati dell’Università di Stanford nel 2005. Il suo racconto di vita si articola e sviluppa attraverso una serie di up and down che coincidono con la narrazione delle tappe presenti in un rinnovato “viaggio dell’eroe”: da piccolo viene adottato, il suo percorso scolastico non è brillante, la carriera lavorativa inizialmente è fallimentare e difficoltosa.

Oggi la mission di Apple è quella di rendere il mondo un posto migliore per le persone tramite l’uso della tecnologia, e di diventare una risorsa economica, intellettuale e sociale delle comunità in cui vengono utilizzati i suoi prodotti. Uno scenario che collima con le aspettative del co-fondatore dell’azienda statunitense.

disegno

Nel 2014 Apple diventa la prima società al mondo per capitalizzazione e Jobs, che era morto nel 2011, passa alla storia come uno dei Ceo più geniali e visionari di sempre. Le sue parole «stay hungry, stay foolish» sono diventate uno dei messaggi motivazionali per antonomasia.

Il mondo imprenditoriale italiano non manca di figure che si sono, nel tempo, mitizzate in maniera analoga. Leonardo del Vecchio, fondatore di Luxottica scomparso nel giugno del 2022, rappresenta in pieno il mito del “self made man”: orfano di padre, dopo un’infanzia infelice in collegio inizia a lavorare come garzone alla Johnson mentre frequenta dei corsi serali all’Accademia di Brera per studiare design ed incisione, fino a quando nel 1978 si trasferisce ad Agordo, nella provincia di Belluno. Qui apre la sua prima bottega specializzata nella montatura di occhiali: in tre anni quella piccola bottega si trasforma nel colosso mondiale Luxottica. Del Vecchio nel 2019 viene classificato da Forbes tra gli uomini più ricchi d’Italia, diventando un modello imprenditoriale di riferimento per i Paese. Il suo grande senso della responsabilità e la passione per l’innovazione oggi rimane vivo nei valori dell’impresa, che sul proprio sito web spiega: «La capacità di reinventarsi e innovare fanno parte della storia di Luxottica e caratterizzano il suo modo di operare»; inoltre crede fortemente nel valore della formazione, mettendo a disposizione la piattaforma “Leonardo”, che offre corsi che trattano tematiche medico-scientifiche.

Luxottica

Terra e tecnologia, la missione di Geox

Una storia di sconfitte, sacrifici e rivincite è anche quella di Mario Moretti Polegato, fondatore di Geox, oggi azienda leader nel lifestyle casual e che inizia la sua carriera come enologo. «Ero nel deserto del Nevada, camminavo e i miei piedi soffrivano per il calore. Avevo le scarpe con la suola in gomma, così mi venne istintivo fare un buco nella suola destra e un buco nella suola sinistra. Fu un gesto spontaneo, come quando si ha sete e si beve dell’acqua. In quel momento ero solo contento, non pensavo di aver inventato qualcosa». E così che iniziano le sue ricerche riguardo i materiali utilizzabili per realizzare delle scarpe assolutamente innovative. Dopo aver registrato il primo brevetto per una suola traspirante, Moretti Polegato propone l’idea a varie aziende, in particolare a quelle del settore sportivo, ma nessuno intuisce le potenzialità della sua invenzione.

I tanti rifiuti fanno da spinta propulsiva verso la decisione di aprire la propria azienda di scarpe: così nasce Geox, nome che deriva dall’unione della parola geo (dal greco “terra”) e X, (lettera che rappresenta il fattore x della sua produzione, ovvero la tecnologia, che è anche uno degli elementi cardine della mission d’impresa). Nel 2010 Moretti Polegato viene premiato da CNBC e Financial Times agli European Business Leaders Awards come “innovatore dell’anno”, per aver saputo sviluppare un brand capace di coniugare moda e tecnologia. Oggi il marchio conta oltre 30mila lavoratori ed oltre mille negozi.

Geox

La mission di Geox è quella di «migliorare la vita quotidiana dei propri consumatori attraverso prodotti innovativi che garantiscono la traspirazione», anche grazie a costanti investimenti in ricerca e sviluppo. L’innovazione come guida del percorso aziendale, un mantra che dal proprio fondatore viene traslato alle attività del marchio.

Mutti e il giovane innamorato

Ci sono poi imprese che hanno implementato la storia del proprio fondatore all’interno della strategia comunicativa aziendale. Mutti ad esempio, azienda leader nella produzione della passata di pomodoro, nella sezione “chi siamo” del sito corporate presenta una cronologia in cui viene raccontata l’impresa con un occhio di riguardo ai grandi fondatori come Giovanni Mutti, oltre ai suoi nipoti Marcellino e Callisto. L’azienda nel 2022  ha poi lanciato sui propri canali “Ugo, storia di una piccola grande idea”, un cortometraggio con la regia di Stefano Lodovichi. Ambientato a Parma, all’inizio del Novecento, è la rappresentazione di quello scenario contadino e umile da cui tutto è nato. Il protagonista principale è appunto Ugo Mutti, un giovane ragazzo con l’obiettivo di costruire qualcosa che stupisca Adele, la ragazza di cui si è innamorato e i cui genitori gestiscono un ristorante. Nel corso della narrazione il nostro protagonista compie diversi tentativi volti alla scoperta di qualcosa di magico; nonostante i fallimenti iniziali è la sua forza d’animo a renderlo capace di non arrendersi.

Mutti

Alla fine, grazie all’unione di ingegno e creatività, riesce a vincere la sua sfida personale e a meravigliare Adele, costruendo un tubetto – poi divenuto iconico per il marchio – per il concentrato di pomodoro. Il cortometraggio si chiude con la frase «l’innovazione è come l’amore, vince chi non si arrende». Mutti sceglie così di raccontare il proprio spirito innovativo: con la storia di uno dei fondatori nelle vesti di un ragazzino innamorato. È così che unisce tradizione, passione e visione per il futuro in un unico racconto di marca.

Panini

Nel 2020 è stato pubblicato Panini. Storia di una famiglia e tante figurine a cura di Leo Turrini e con la prefazione di Walter Veltroni. Ambientato nella seconda metà del Novecento nel pieno boom economico, racconta la storia di quattro fratelli e quattro sorelle che, partendo dalla gestione di un’edicola e dalla vendita di francobolli in busta, giungono all’intuizione di fare lo stesso con le figurine dei calciatori, andando ad intercettare così un sentimento di passione nazionalpopolare. Panini nel tempo diventa una realtà internazionale e a partire dagli anni Settanta è oggetto di cessioni, cambiamenti di varia natura; ma a livello locale, le figurine dei calciatori rimangono le top seller. Ancora oggi unisce generazioni distanti, rappresentando un punto significativo nell’infanzia di ciascuno e un elemento di forte italianità del marchio. Una questione di pura tradizione.

Veralab

Il trucco senza filtri di Estetista Cinica

Un fenomeno di successo social è quello di Cristina Fogazzi, conosciuta su Instagram come Estetista Cinica e fondatrice di VeraLab. Il suo percorso ha inizio nel 2009, quando viene licenziata dal centro estetico in cui lavora. Questo evento, apparentemente critico, si trasforma presto in un trampolino di lancio: apre un proprio centro estetico e nel 2015 comincia a produrre una linea di prodotti tutta sua. Grazie a un un ottimo uso dei social media e della sua persona riesce a rendere il marchio immediatamente riconoscibile e comunicativo: abbattendo stereotipi e luoghi comuni, invitando le donne a piacersi e ad accettarsi  per come sono. Oggi VeraLab ha un fatturato di 62 milioni; l’account Instagram di Estetista Cinica ha raggiunto 1 milione di follower (le cosiddette “fagiane”) rappresentando una vera e propria community attiva e partecipata. Il suo carisma le è valso il premio Macchianera 2019, il suo talento imprenditoriale è stato riconosciuto da Forbes Italia che l’ha inserita tra le 100 donne più influenti del 2020. I valori di cui si fa portavoce sono quelli dichiarati anche da VeraLab: come la solidarietà, l’inclusività, la trasparenza e la distintività.

Le personalità citate sono accomunate dallo sviluppo di un personal brand estremamente riconoscibile, con storie di vita capaci di incarnare i valori poi ripresi dai marchi di cui sono o sono stati portavoce. La loro narrazione riflette l’archetipo del viaggio dell’eroe: hanno combattuto nemici di varia natura, in alcuni casi hanno fallito e affrontato sfide per arrivare ai propri successi personali.

Ciascuno di loro è portatore di un’idea, di un’ispirazione o “semplicemente” della voglia di cambiare il mondo. La conseguenza di questa narrazione epica porta la marca a trasformarsi quasi di riflesso in un mito.

Ciò non mette al riparo da rischi,  come il fatto che la narrazione possa divenire egocentrata, o che non si traduca in principi guida concreti.

In ogni caso, questi racconti hanno il potere di stimolare coloro che leggono e ascoltano, generando empatia e immedesimazione: Joseph Sugarman, noto copywriter, scrive infatti:

Joseph Sugarman

«Le persone amano le storie delle altre persone perché si immedesimano nei loro successi, nei loro fallimenti, nelle loro vite. Ecco perché la storia di un fondatore d’impresa è vincente».